lunedì 17 novembre 2014

La rosa sul cruscotto.

Ultimamente è lì, che viene inserita nel vhs della mia memoria, la cassetta, di quel momento.
Noi due, in una delle nostre uscite, una di quelle che non sapevamo mai come sarebbe andata a finire. Eravamo in macchina e tu avevi comprato una rosa.
Non per me, per tua mamma.
Devo ammetterlo lì per lì quando hai tirato fuori il portafoglio davanti a “rosario” ho pensato che eri il solito romantico e forse ho anche sorriso, ma poi tu con il tuo sguardo un po’ arcigno hai risposto ai miei pensieri: “è per mia madre”.
Mi hai fregata, come facevo sempre io con te, abbandonandoti nelle domande speranzose, solo che io ero più stronza.
Eravamo in macchina e tu avevi comprato una rosa per tua madre, stavamo per andare a mangiare la sacher in quel posto.  Poi in prossimità della stazione accosti. Abbassi il finestrino, la chiami. Si avvicina.
La rosa sul cruscotto. Scendiamo. Ricci lunghi biondi quasi come i miei. Era tua madre e mi hai presentato, anche se lei mi conosceva già molto bene da qualche anno. È stata gentile con me ed ha sempre dimostrato di avere un microscopico pensiero nei miei confronti, perché quando ti chiamava e sapeva che eravamo insieme, ti chiedeva sempre mie notizie. Anche una volta mi dissi che ti aveva chiesto di me durante una cena. Forse è per questo microscopico pensiero che lei conservava per me, che io da un anno a questa parte continuo a tornare sulla scena della stazione, di quando quell'unica volta ci siamo sorrise vicendevolmente. Mentre sono in auto e guido, torna la rosa sul cruscotto, torni te che la chiami, torna lei che ci saluta e guarda la rosa; poi passa gli occhi su di te e sorride e da brava mamma ti ammicca come per dire “ ah gli hai comprato anche una rosa” e tu rispondi al suo sguardo dicendole che la rosa l’hai presa per lei. La rosa sul cruscotto è nella mia mente e torna quasi tutte le mattine.  Quella fu l’unica volta che la vidi.
Poi quell'altro giorno, in cui dovevamo essere tutti riuniti per te, mio amico caro, sotto le arcate immense della chiesa, tra le panche e l’odore dell’incenso io non sono venuta. Avevo un esame ma non fu solo per quello, fu anche perché io, i funerali, non riesco a sostenerli. Mi sono chiesta e richiesta cosa fare in un contesto simile.
Ci vado? Non ci vado?
Decisi di svegliarmi presto, di partire da casa prima del dovuto, per fare una deviazione al mio tragitto verso la chiesa, per prendere una rosa e lasciarla, stavolta, sulla panca di legno dove ti saresti seduto poco dopo, per salutarla.
Così il mio ricordo si sarebbe trasformato, da sorrisi e una rosa sul cruscotto ad una rosa sulla panca della chiesa e lacrime.

Non ho voluto.

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