giovedì 27 novembre 2014

Diario d'Incontri. 30 Agosto 2014 Menton


Eccoci al famoso confine, che dopo tutte quelle lezioni di geografia da piccola mi immaginavo che il confine fosse una linea disegnata per terra, mica una cosa immaginaria, no no proprio una linea di vernice rossa incandescente. Ed io che ancora non sono cresciuta, non sapevo bene cosa mi dovesse aspettare al confine. Sono espatriata tante volte, ma sempre prendendo un aereo, che ti priva totalmente di pensare al confine e di provare quella sensazione del troverò o non troverò questa famosa linea?
Invece niente, velocemente, un momento prima stavamo a Latte, in Italia, il momento dopo eravamo già in Francia a Menton. ( ci tengo a sottolineare quanto sia assurdo che le due città di confine si chiamino Latte e Menton, che non fanno altro che  rievocare quella bevanda dall'accoppiata strana).
Quanto è potente questo confine, che anche se non esiste impone immense diversità.

Anche se la brezza francese l'aveva già respirata a San Remo, a Menton la francesità si fa più intensa nell'aria e soprattutto nella gente.
Menton è una piccola meraviglia, quando ci cammini attraverso ti pare di essere rimpicciolito, come alice dopo che ha bevuto dalla bottiglietta, e di essere finito in uno di quei componimenti perfetti che si usano per costruire il Presepe, fatto di casette e viette piene di vita e, immagini, piene di profumi. Uno di quelli che quando lo vedi in vendita, dietro la teca di vetro, ti ci fermi almeno cinque minuti a guardarlo, per  i dettagli ma soprattutto per l'atmosfera calda che trasmette.
Poi la spiaggia, che ti permette, mentre fai il bagno di  piroettare su te stessa e scegliere a chi donare lo sguardo, prima le spalle al porto, poi al mare e poi al campanile che svetta dalla palazzine colorate e arroccate.
Per ora la costa azzurra promette profumo e colori.
Camminiamo per il centro e troviamo vetrine imbandite di dolciumi, marmellate, salse cioccolatose, spezie, saponette a tutti i gusti possibili quasi da mangiarsele, sacchetti di lavanda e persino una montagna di meringhe.


Ma anche oggi è giunto il momento di lasciare alle spalle il mio incontro per essere pronta per conoscere qualche altra città. Sarà meglio mangiare il biscotto che prima Alice mi ha prestato così che possa crescere e rimettermi in viaggio.


lunedì 24 novembre 2014

Diari d'incontri. 30 Agosto 2014 San Remo


Accaldati arriviamo a San Remo, un pomeriggio volante nell'ultima città italiana prima di lasciarci alle spalle il nostro confine. Tra le strade di San Remo tira una brezza francese. Sulla carta d'identità sotto la dicitura "cittadinanza" troveremo italiana ma la realtà è un'altra, San Remo è una città francese a tutti gli effetti, persino per le strisce dei parcheggi. Curata in ogni minimo dettaglio, forse perché è una meta ricercata dai più facoltosi, forse perché ospita il nostro famoso festival, chissà, ma i fiori ci stanno e di tutti i colori. La passeggiata del belvedere pare un enorme terrazzo lussuoso, pavimenti colorati e geometrici, le palme alle spalle dei passeggiatori, panchine, coni ricchi di fiori e una balaustrina bianca con colonnine ondulate.    

Torna il mio feticismo per i palazzi; i palazzi di San Remo sono tutti molto sontuosi e dagli stucchi ben rifiniti. Le strade di ampio respiro e le decorazioni floreali non fanno che trasportarti con il pensiero in una qualche città della costa azzurra.
Belle le strade, belli i fiori, carina persino la statua di Mike con un libro con su scritto Allegria! ( no non è vero che è carina è forse da annoverare tra le più brutte esistenti al mondo).
Ma....il mare? vogliamo parlare degli stabilimenti che si sono mangiati la spiaggia? e che la spiaggia libera ( per chi come me ne è un amante) è inesistente e quel poco che c'è è ridotto ad un osso di cemento? San Remo ha cura solo dei turisti che usano la piscina del proprio resort. Insomma il mio unico incontro è stata la lotta per il pezzetto di cemento più comodo con una famiglia di peruviani e con un bagnino di uno stabilimento che più che bagnino era un cane da guardia.

Quindi il mio pomeriggio a San Remo lo voglio ricordare solo ed esclusivamente per il belvedere poetico, con la venere che passeggia  a mezz'aria sul mare.

venerdì 21 novembre 2014

mercoledì 19 novembre 2014

Diario d'Incontri 29 Agosto 2014 Genova


Era brutto tempo e ci siamo giocati "la carta" acquario di Genova.

Quando arrivi a Genova, in macchina, la prima volta nella tua vita vedi solo cemento, lavori in corso e caos. Una persona nata e cresciuta a Roma ( dove ha anche imparato a guidare) non dovrebbe avere problemi a sostenere altre città dal traffico facile. Invece Genova un po' di "dove cazzo vado adesso??!!" è riuscita a darmelo, quel momento in cui  non sai minimamente cosa fare mentre dietro hai creato una fila rigorosamente incavolata che ti suona. Scatta il panico da asfalto che ti rintontisce peggio e il non sapere dove stai andando diventa un urlo continuo, ed è proprio in questo momento che di solito appare, quasi magicamente, un divieto...si esatto, tu, su quella strada proprio non ci dovevi andare, ecco questo è il momento in cui le bestemmie si accalcano sulle labbra. Finché sei talmente rintontito e preso dal panico che alla fine fai un bel respiro profondo e ti dici che va tutto bene e che una multa non è poi la fine del mondo e inizi ad andare ovunque, ormai hai superato la fase da panico da asfalto, hai raggiunto la fase zen puoi persino imboccare la strada pedonale ( in effetti l'abbiamo fatto).

Dopo il panico iniziale e dopo aver parcheggiato la macchina in uno dei tanti e soli parcheggi costosissimi ( andateci in treno) puoi finalmente dimenticare i divieti, i cartelli, i lavori in corso e il traffico; con i piedi è tutto più semplice, non c'è via che tu non possa prendere.
La Repubblica Marinara mantiene i fragranti aromi e la movida della città portuale, ricca di diversità e caotica.

Non so perché ma ho una specie di feticismo per palazzi, osservarli e fotografarli mi piace proprio, e qui ogni palazzo è unico e racconta una sua storia, facendo di Genova un coro visuale di diverse influenze architettoniche. Genova è diversa, il grigio predomina nel porto, ma a sprazzi s'inseriscono nello sguardo delle palazzine tutte stuccate e color pastello. Anche l'aria è grigia e pesante, ma viene spezzata dai profumi delle cucine etniche dei negozietti nascosti nelle vie di travertino. Genova è una bilancia indecisa, una di quelle antiche con due piatti, su di uno c'è una pietra grigia e pesante, sull'altro c'è un pigmento rosa antico e una manciata di curry: i due piatti fanno su e giù non riuscendo a trovare mai un equilibrio.


Anche stavolta, quando si ha tempo di dedicare un sorriso e una chiacchiera si è sempre ricompensati dalle persone che diventano gentili per l'attenzione data. Come l'orologiaio, con il suo banchetto sotto il nostro hotel che ci ha raccontato di una Genova diversa, una Genova più giovane,  una città-bilancia non impazzita ma sana ed equilibrata.


Mi addormento pensando a tutti quei pesci colorati, agli anemoni, alle foche e ai pinguini. Ma anche pensando alle gru, ai gabbiani e alle corde nautiche inzuppate del porto.






Anche oggi un'altra giornata è trascorsa, chissà domani dove arriverò....



martedì 18 novembre 2014

Diario d'Incontri. Vernazza 28 Agosto 2014



Vernazza, la quarta delle cinque terre e
probabilmente anche la più bella. Un piccolo borgo racchiuso tra rocce grigionere che si tuffano nel mare, poche vie ma tutte colorate dalle bandiere e dai panni stesi su fili tirati da finestra a finestra.


Quando ci siamo presentate la prima volta, ero piccola, eppure i ricordi di quando avevo sette anni erano nitidi e coincidevano con ciò che mi ritrovavo a vedere. Pochi passi ed eccola là la sensazione strana che nasce dopo aver fatto coincidere perfettamente i tuoi ricordi di bambino con la realtà, come due tessere di un puzzle da tanti anni abbandonato.
Quando sei adulto e hai la consapevolezza che i ricordi di quando eri bambino non sempre combaciano con la realtà, e hai il coraggio di tornare in quei luoghi che ti hanno stupefatto, sai anche che puoi vivere una delusione, che puoi rovinare un bel ricordo.
Ma Vernazza è rimasta la stessa, sia nei ricordi della me di sette anni sia nei nuovi ricordi della me ventiduenne.
Vernazza è sempre lei e spero lo sia sempre.

Piccole palazzine ricoperte di un intonaco ormai invecchiato, chiazzate, scrostate eppure molto belle. La chiesetta che trionfa sul porticciolo e la piazzetta ricolma di ombrelloni. La gente è ovunque, nei vicoli si fa la fila per passare. Turisti giapponesi che godono la visuale di questa cittadella nascosta tra le colline, attraverso il display della macchinetta fotografica. Turiste nord europee troppo bianche per stare in costume.

Altri turisti e ancora turisti che mangiano e si accalcano bramosi di un tavolo con vista sul porticciolo, come dargli torto. Poi tra i vicoli, in un punto particolare, c'è solo roccia e un'apertura, un passaggio che porta sulla spiaggia lontana dalla folla. Una distesa di ciottoli incandescenti e levigati dal mare e dal vento. Vernazza è proprio speciale. Pare costruita su enormi scaglioni di cioccolata fondente.

Quando cammini tra i vicoli l'atmosfera pare sospesa, come se da un momento all'altro, girando l'angolo del tuo vicolo potessi trovare qualcosa, una porta nascosta, un luogo segreto o una scalinata infinita che porta sul belvedere.








lunedì 17 novembre 2014

Caro Babbo Natale...

Caro babbo natale,
arriverò subito al punto. Prometto quest’anno di fare la brava e anche se non ci riuscirò tenterò di rimediare. Per questo mio impegno dovresti premiarmi con:

- spazzolino da denti ( quelli con la batteria che muovono le setole da soli) ne desidero uno da quando sono piccola, forse perché sono stata attirata da quelle maledette pubblicità.

-una stufetta per la mia stanza che accenderò quando studio perché ha iniziato a fare freddo ma mio padre ha i calori e non mi vuole far accendere i termosifoni nonostante io abbia il naso gelato e la mani così fredde che non riesco a scrivere gli appunti di latino.

- una borsa nuova della misura perfetta, che non sia gigante o microscopica, la borsa di tutti i giorni. Una borsa quotidiana e elegante al punto giusto, con tante tasche interne con le zip. Niente ghirigori strani ne pailettes ne borchie ne perline. Solo stoffa o pelle o cuoio e basta.

- degli stivali  da abbinare a tutti i miei vestiti, così perfetti che stiano bene con tutto senza che ogni giorno io debba  stare davanti allo specchio e all’armadio andando in iperventilazione da “ cazzo non ho le scarpe per questo vestito bellissimo”.

-Una scorta annuale di biscottini da tè ( quelli mezzi cioccolatosi e mezzi semplici) e lingue di gatto ( quelle con le gocce di cioccolato e le mandorle).

- Un buono al mercatino dell’usato da sfoderare come una spada scintillante quando in una passeggiata casuale troverò l’oggetto della mia vita.

- tante ore libere per imparare a sferruzzare a maglia e all’uncinetto dalla mia nonna.

- Un fine settimana completamente libero da ogni impegno e ogni pensiero ansioso da passare rigorosamente nella cittadina in mezzo alle colline davanti al fuoco con l’amore e le castagne.

- tutta la lista ( intera è non provare a fare il furbo) dei libri di cui mi sono annotata il titolo e che non ho mai comprato.


- Se c’hai tempo portami pure un tartufo và. ( no il gelato, ma quello che si grattugia sulla pasta).

Diario d'Incontri. 27 Agosto 2014



27 Agosto 2014

Questo tipo di viaggio mi fa impazzire, nel vero senso della parola.
Le numerose mete a cui siamo destinati non fanno altro che incuriosirmi e affascinarmi prima di averle incontrate, le immagino, le sogno e spero non mi deludano. L'asfalto scivola sotto le nostre ruote avventurose e ci porta ogni giorno in una nuova città e nelle vite delle persone che incontreremo.
Questo viaggio è poliedrico e non sai mai cosa ha in serbo per te. Un viaggio d'incontri.


Oggi ho scoperto quanto mi disarma la gentilezza delle persone quando puoi dedicargli il tempo di una parola o di un sorriso.




Viareggio, 27 Agosto 2014.


Una grande Promenade in movimento, una strada di persone, un flusso continuo di biciclette e gelati. Una passerella di grandi firme. Chissà Viareggio 100 anni fa.  Il suo fascino passato è ancora incastonato nell'architettura delle palazzine art nouveau. Una ricchezza tutta dannunziana...i balconcini, i vetri colorati, le finestre dalle cornici intarsiate. Peccato che questo fascino venga soffocato dalla modernità ostentata, stroboscopica, urlata. All'interno di quelle palazzine preziose si sono ormai radicati i grandi negozi, che smorzano l'emozione per quel fascino creato dalle linee morbide dello stile liberty. Mi piace pensare a Viareggio come ad una statua, ferma, immobile e intrappolata in un tempo antico. Come se fosse una musa protagonista di uno dei tanti miti greci.





La rosa sul cruscotto.

Ultimamente è lì, che viene inserita nel vhs della mia memoria, la cassetta, di quel momento.
Noi due, in una delle nostre uscite, una di quelle che non sapevamo mai come sarebbe andata a finire. Eravamo in macchina e tu avevi comprato una rosa.
Non per me, per tua mamma.
Devo ammetterlo lì per lì quando hai tirato fuori il portafoglio davanti a “rosario” ho pensato che eri il solito romantico e forse ho anche sorriso, ma poi tu con il tuo sguardo un po’ arcigno hai risposto ai miei pensieri: “è per mia madre”.
Mi hai fregata, come facevo sempre io con te, abbandonandoti nelle domande speranzose, solo che io ero più stronza.
Eravamo in macchina e tu avevi comprato una rosa per tua madre, stavamo per andare a mangiare la sacher in quel posto.  Poi in prossimità della stazione accosti. Abbassi il finestrino, la chiami. Si avvicina.
La rosa sul cruscotto. Scendiamo. Ricci lunghi biondi quasi come i miei. Era tua madre e mi hai presentato, anche se lei mi conosceva già molto bene da qualche anno. È stata gentile con me ed ha sempre dimostrato di avere un microscopico pensiero nei miei confronti, perché quando ti chiamava e sapeva che eravamo insieme, ti chiedeva sempre mie notizie. Anche una volta mi dissi che ti aveva chiesto di me durante una cena. Forse è per questo microscopico pensiero che lei conservava per me, che io da un anno a questa parte continuo a tornare sulla scena della stazione, di quando quell'unica volta ci siamo sorrise vicendevolmente. Mentre sono in auto e guido, torna la rosa sul cruscotto, torni te che la chiami, torna lei che ci saluta e guarda la rosa; poi passa gli occhi su di te e sorride e da brava mamma ti ammicca come per dire “ ah gli hai comprato anche una rosa” e tu rispondi al suo sguardo dicendole che la rosa l’hai presa per lei. La rosa sul cruscotto è nella mia mente e torna quasi tutte le mattine.  Quella fu l’unica volta che la vidi.
Poi quell'altro giorno, in cui dovevamo essere tutti riuniti per te, mio amico caro, sotto le arcate immense della chiesa, tra le panche e l’odore dell’incenso io non sono venuta. Avevo un esame ma non fu solo per quello, fu anche perché io, i funerali, non riesco a sostenerli. Mi sono chiesta e richiesta cosa fare in un contesto simile.
Ci vado? Non ci vado?
Decisi di svegliarmi presto, di partire da casa prima del dovuto, per fare una deviazione al mio tragitto verso la chiesa, per prendere una rosa e lasciarla, stavolta, sulla panca di legno dove ti saresti seduto poco dopo, per salutarla.
Così il mio ricordo si sarebbe trasformato, da sorrisi e una rosa sul cruscotto ad una rosa sulla panca della chiesa e lacrime.

Non ho voluto.