domenica 18 maggio 2014

Il baccello del paradosso.



Possiamo cogliere la paradossalità della nostra società in un istante immaginario. Un contadino in Campania nutre i suoi maiali con le carrube, nello stesso istante in cui i maiali si cibano, un radical chic entra da Eataly e compra al modico prezzo di sei euro una confezione di carrube, la cui porzione oscilla tra “scarsa” e “sei matto che paghi sei euro dieci carrube”.

L’ignoranza  e la perdita delle nostre radici ci porta a pensare che le carrube siano chissà quale cibo esotico per cui vale la pena spendere così tanti soldi. Siamo tutti citrulli, indirizzati in canali, viaggiamo costantemente secondo corrente.

Abbiamo quest’immagine che sfiora quasi una legge iconografica del contadino ignorante, vecchio ma arzillo. Vecchio ma con i muscoli del lavoro, con le mani grandi, ricche di calli esperti e sporche di terra; magari un po’ sdentato e che non sa leggere.
Quest’immagine di un contadino vecchio stampo, che intreccia ceste su una sedia usurata, la sera, nel vialetto di casa, viene via via scomparendo.  Il contadino in bianco e nero con i solchi della vita in risalto rappresenta le nostre tradizioni. Tradizioni ancestrali di una profonda cultura in via d'estinzione. Nei calli dell’analfabeta rimane la cultura profonda più prossima ai nostri istinti naturali. In quei solchi, di quelle mani sporche ci sono le nostre radici. E noi non facciamo altro che tentare di piantarle secondo il nostro gusto e la nostra moda, avvelenandole con la pubblicità pesticida e definitivamente perdendole nella carestia odierna.
Radici per sempre perse nella desertificazione della tradizione.